Io e Diego raggiungiamo il giornalista in trasferta a Bruxelles l’estate scorsa.
Non appena scendiamo dall’autobus a Gare Du Midi, capisco subito (solo io per fortuna, Diego a un anno e mezzo è concentrato solo sulla sua merenda) che le ferite del 22 marzo 2016 sono ancora aperte.
Qui è inevitabile non pensare agli attentati, specie se tutte le volte che torni a casa in metro sei costretta a passare dalla stazione di Maelbeek. Ogni volta mi vengono i brividi.
Il primo giorno che metto piede nella meravigliosa Grand-Place c’è una specie di “festa della birra” e per accedere alla piazza si devono passare i controlli di sicurezza: la mia borsa e il passeggino di Diego passati al setaccio. Anche per entrare in un centro commerciale, adesso il controllo è diventato la routine.
Nel 2016 cresce del 30% l’utilizzo della bici per muoversi in città.
Così, mentre molti bruxellesi decidono di non prendere più la metro, io e il giornalista in trasferta ci fotografiamo in formato fototessera nella stazione De Brouckère per l’abbonamento alla Stib.
Mentre molti bruxellesi disertano i mercatini di Natale in place Sainte-Catherine (fino a un anno fa affollatissimi), noi lì, per tutto il mese di dicembre, quasi mettiamo radici per portarci a più riprese amici e parenti venuti a trovarci dall’Italia.
Molti bruxellesi hanno paura.
Io ho paura (da quando è nato Diego sono una vera fifona!).
Ma forse, più del probabile attacco terroristico, ho paura di smettere di vivermi le giornate con serenità e spensieratezza.
Una volta succede che un ragazzo carico di borsoni inizia ad agitarsi e a urlare frasi incompresibili sul bus. Solo questo. Non fa altro. Eppure sento il cuore staccarsi dal petto, fare un triplo salto mortale tra i polmoni e la cassa toracica (senza casco!) e poi precipitare nello stomaco come un sasso.
Mi viene improvvisamente voglia di abbracciare Diego, il giornalista in trasferta, mia madre che è lontana duemila chilometri, la mia famiglia e le mie amiche.
Poi, il secondo successivo, capisco che è solo un ragazzo un po’ “picchiatello”.
Sorrido. Distendo i muscoli e soprattutto i pensieri. E mi dico: “La picchiatella sono io, qui”.
Bruxelles è bella e viva. Ma è vero che a volte è anche grigia e cupa. Però non c’entrano né i soldati per strada armati fino ai denti (il più piccolo ha il braccio come Hulk Hogan) né le frequenti allerte per il rischio attentati.
C’entra solo la pioggia!
È di questa che bisogna avere veramente paura a Bxl, perché quando comincia non smette più di rompere le palle… E poi il traffico, mamma mia il traffico…